Oggi
non si è fatto giorno, così come da tempo non si fa giorno per nessuno.
Nel 2013, le parti per milione (ppm) di CO2, secondo gli scienziati le
ppm sono salite in 395, ovvero 45 ppm in più dello standar per garantire
la nostra sopravvivenza come specie. Gli scienziati dicono che il
limite di sicurezza per l’umanità è di 350 ppm di CO2 nell’atmosfera. Le
Nazioni Unite lo stesso anno cerco di limitare il livello di CO2 a 450
ppm, ma i loro sforzi non sono stati ascoltati.
Tutto questo, a causa di bruciare
combustibili fossili sopra la soglia dello standar. L’anidride carbonica
è la causa principale dell’effetto serra nell’atmosfera, avendo come
conseguenza il riscaldamento globale, che accelera lo scioglimento dei
ghiacciai, aumento della siccità continenti, il consumo delle foreste,
facendo finire specie e gli ecosistemi.
In quegli anni arrivare ai 350 ppm
significava trasformare il mondo. Significava anche costruire pannelli
solari al posto di centrali a carbone, piantare alberi invece di
tagliare le foreste tropicali, aumentare l’efficienza e diminuire i
nostri consumi eccessivi, il riciclo del 99%, tra tante altre cose.
Perciò tornare a 350 nuovamente significava proporre migliaia di
soluzioni diverse. A llora mancò il valore collettivo, l’azione dei
cittadini a difendere l’ambiente.
Quello che è vero, che 50 anni dopo, il
CO2 ci togliò le albe, i 5000 ppm che abbiamo ora, ci lasciano senza
visibilità e senza ossigeno. Oggi viviamo in città sotterranee con
atmosfere artificiali controllate.
Quello
che era iniziato come città Moll come La Villa sotterranee di Montreal
che ha iniziato con 32 chilometri di gallerie collegando a 41 lotti
(circa 12 chilometri quadrati), PATH a Toronto, con 371.600 metri
quadrati e 27 chilometri di passaggi, Chikigais in Giappone con 81.765
metri quadrati, Forum des Halles a Parigi, con 300 chilometri di
passaggi e il Palazzo Comunale in Australia con 4 chilometri quadrati,
sono diventate i portali delle città emergente che abbiamo dovuto
costruire per sopravvivere, all’atmosfera già insostenibile che copriva i
continenti. Ma non tutti abbiamo avuto spazio in quelle città, più
della metà della popolazione umana scomparse, a conseguenza dalla
mancanza di ossigeno.
E quelli che ancora rimaniamo in vita,
soffriamo le nuove malattie prodotte della mancanza dei raggi solare e
grazie a respirare l’ossigeno riciclato. La nostra aspettativa di vita
si è ridotta a 30 anni, così si è accordato di dare almeno 3 decenni di
possibilità di vivere a ciascuno degli abitanti di queste città. Ogni
persona quando arriva ai 30 anni deve scrivere il suo epitaffio o il
pensiero finale. Questo è il mio: Per me non c’era l’alba nè il giorno,
nessun colore, ho vissuto in grigio e così morirò. Non ho eredità per le
generazioni future. Quella fu la mia eredità.
Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Hugo E. Méndez U., giornalista
ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia
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