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jueves, 28 de agosto de 2014

Tundra e boschi boreali, l’ultima frontiera da salvare


La vita nell’emisfero nord contiene due biomi[1] tipici, che si estendono, uno dopo l’altro, fra le regioni polari e i biomi ubicati più a sud. Essi sono la tundra, privo di vegetazione boschiva, e il bosco boreale o taiga, soprattutto foreste di conifere. La tundra è il nome dato a queste foreste polari, soprattutto nelle regioni artiche dell’Asia che si trovano tra i ghiacci perpetui del nord e le foreste della taiga a sud o boschi boreale. 

Il suolo della tundra rimane congelata durante la maggior parte dell’anno, e in parte si scioglie in estate. L’acqua si raccoglie poi in paludi e acquitrini. Nella tundra, il fattore limitante è la temperatura. La media annua delle precipitazioni è bassa, circa 250 mm, e la temperatura massima supera i 10º C. Il sottosuolo ha uno strato di ghiaccio permanente, il cui spessore varia a seconda della stagione. Questo strato di terreno è chiamato permafrost. 
Nella tundra, le forme di vita dominanti sono muschi e licheni. Nonostante le scarse precipitazioni, entrambe le forme crescono bene, perché l’evaporazione è quasi inesistente e vi è un’alta concentrazione di umidità. Il suolo, povero di sostanze organiche, ha una carenza di sostanze nutritive.

Tutta la tundra è zona di torbiere, alcuni depositi di carburante fossile, la torba, costituiti da residui vegetali che si sono accumulati nel corso di migliaia di anni nelle paludi.

Per il freddo intenso, il processo di decomposizione è molto lento e la formazione di suolo fertile è scarsa. La fauna della tundra ha anche poca diversità. Le due specie principali sono renne in Europa e in Asia, e caribù in America. Si tratta di animali molto simili che, probabilmente, discendono da un antenato comune. I ruminanti sono mammiferi della famiglia dei cervi, e vivono in branchi. 

Approssimativamente, hanno sollevato un metro e mezzo sollevato -l’altezza di un quadrupedo, misurata dal suolo alla cima della sommità della spina dorsale -. Il suo pelo, molto denso, cambia dal grigio bruno al bianco in inverno. Essi hanno le corna, con cui scavano nella neve alla ricerca di licheni il loro cibo. Essi migrano periodicamente, in conformità con i cicli di riproduzione di forme di vita di cui si alimentano. Le renne sono addomesticate e utilizzate come animali da tiro e da carico. Altri mammiferi che si nutrono di piante e licheni sono i lemmings, specie di topi di campo. 

Ci sono anche lepri artiche, lupi, volpi, linci e orsi polari, e anche un tipo di bovino selvatico adattato al freddo estremo, il bue muschiato. Molti di questi animali ibernano, cioè, entrano in letargo invernale, dopo aver accumulato riserve nel loro corpo durante la breve stagione calda. È maggiore la varietà di uccelli: ci sono gufi “nivali”, palmati come l’oca e il matto, e il falco più grande consciuto, girifalco. 

Altri uccelli provenienti dal sud, trovano nella tundra le condizioni necessarie per la nidificazione e riproduzione. Durante i giorni d’estate ci sono anche alcuni moscerini e zanzare. È sorprendente che in zone così fredde questi insetti vengono a riprodursi fino a formare sciami enormi. Nella breve stagione estiva, parte della neve si scioglie, il sottosuolo della tundra, gelati durante tutto l’anno, impedesce il drenaggio formandosi stagni e paludi. L’acqua stagnante raggiunge quindi temperature sufficienti per la riproduzione delle larve di zanzara. 

Tradizionalmente, la tundra è stata abitata dagli eschimesi, -cacciatori e pescatori- e allevatori di renne, che continuano muovendosi dai boschi, cercando cibo per le loro greggi e raggiungono la tundra nel’epoca meno fredda dell’anno. È interessante notare che la vita di questi popoli in qualche modo evoca il cosiddetto uomo di Cro-Magnon, un antenato dei moderni esseri umani che abitavano la regione della Dordogna, nel sud della Francia, circa 30.000 anni fa. Quella zona, ora temperata, era tundra in quei tempi. Le scoperte archeologiche e dipinti delle grotte in cui vivevano mostrano analogie con gruppi di eschimesi dell’attuale tundra. 

La foresta boreale o taiga, sono quelli che si sviluppano a sud della tundra e del nord della steppa. Sono formazioni forestale di clima freddo, dominata da conifere. Questo bioma si chiama al nord della Siberia, taiga che significa in russo boschi freddi e nella regione del Mar Hudson e nel nord del Canada sono chiamati boschi boreali, che significa boschi del nord. Lì crescono, favoriti dal clima meno rigoroso che quelli della tundra e per un suolo che soffre meno l’effetto della nevicata. La temperatura media è di 19º C in estate e -30° C in inverno, la media annua delle precipitazioni raggiunge 450 mm. 

In tutta questa zona i paesi Scandinavi, Siberia e Canada si tovano boschi di abeti, pini e larici e di betulle. La fauna è composta da animali che resistono al freddo, molti dei quali ibernano: alci, bisonti, lupi, orsi, linci, martore, scoiattoli, marmotte, castori, lemmings e cervi.

Tra il confine nord del bosco boreale, dove gli alberi attivamente si rigenerano, e la tundra priva di alberi c’è una zona di transizione dinamica conosciuta come «bosche-tundra». L’estensione di questa zona può variare da pochi chilometri in Nord America fino ad oltre 200 chilometri in Europa. È naturalmente frammentata ed è composta di parcelle la cui copertura forestale è relativamente densa, interrotti da aree di lichen e brughiera, così come in zone poco boscosa. 

Questa zona di tranzizione ospita più specie rispetto al sistema boreale e al sistema della tundra, poichè contiene entrambe le specie. Gli alberi del bosco-tundra, spesso sono poco sviluppati, e la sua rigenerazione è lenta. Questo ha fatto che, tradizionalmente, sia impraticabile lo sfruttamento commerciale del legname, nonostante l’ecosistema ha fornito per secoli il legno e legname di costruzione ai popoli indigeni. L’aumento della domanda globale di risorse potrebbe fare, tuttavia, che i boschi-tundra diventino una fonte importante di materie prime. Infatti le attività di sfruttamento forestale in Fennoscandia e nordovest della Russia si diffusero molto vicino al bosco-tundra nei decenni degli anni sessanta e anni novanta. 

In inverno il bosco-tundra è un habitat importante per il Caribù in Canada e in Alaska e per il per il Regno d’Europa, servendo di apoggio a sua volta alle attività di allevamento delle renne dei popoli indigeni come Saami della Scandinavia. La zona ospita anche le attività pastorizia di pecore, di pesca e la raccolta dei prodotti non legnosi.

Le funzioni fisiche più importranti del boscho-tundra sono stabilire e proteggere i terreni fragili e sostanze nutritive, prevenire l’erosione, conservare le risorse idriche e la capacità dei bacini, filtrare sostanze inquinanti, servire come un indicatore del cambiamento climatico e, in collaborazione con il bosco boreale stesso, essere un serbatoio di carbonio. Qualsiasi cambiamento significativo nel bosco boreale potrebbe avere effetti significativi sul livello di CO2 nell’atmosfera. I boschi boreali contengono il 26% delle risorse totale di carbonio, più di ogni altro ecosistema terrestre: 323 gigatonnellate –Gt- nella Federazione Russa, 223 Gt in ​​Canada e 13 Gt in ​​Alaska. 

Al contrario, si stima che i cambiamenti climatici produrrano nei boschi boreali aumenti di temperatura maggiori che in qualsiasi altro tipo di foresta. Il riscaldamento, che sarà superiore in inverno che in estate, spostarà verso il nord, le zone climatiche a velocità fino a 5 chilometri all’anno. I boschi boreali avanzeranno verso nord, nelle sue regioni meridionali, invece, spariranno o saranno sostituiti da specie temperate.

Durante l’estate i suoli saranno più asciutti, e gli incendi e la siccità più frequenti. Da continuare con il consumo eccessivo sembrarebbe che entro il 2100, l’espansione del bosche boreale verso il nord ridurrà di circa il 50% l’area di tundra.

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[1] Insieme di comunità di essere viventi che si estendono su una vasta area geografica caratterizzata da un clima e da altri fattori: i principali biomi continentali sono tundra, taiga, bosco latifoglie, il bosco mediterraneo, il deserto, prateria e la foresta pluviale.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 -- Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

miércoles, 27 de agosto de 2014

Nella Serrania de Perijá è irreversibile il divieto della malanga


Il principale polmone verde del Zulia, la Sierra di Perijá, ha subito negli ultimi dieci anni l’assalto di coloro che protetti dell’impunità ambientale fanno affari milionari a scapito del patrimonio forestale di tutti i zuliani. Nella Sierra di Perijá accadono tra 50 e 60 incendi forestali per giorno che distruggono circa 1.000 ettari al mese; molti di questi incendi sono causati per ripulire il terreno che sarà utilizzato nella coltivazione di Malanga per poi essere venduta alle transnazionale dei fast food.

Questi processi di distruzione delle foreste influenzano i cicli idrologici, causando una diminuzione del volume degli affluenti, la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione delle specie di flora e fauna. 

Di fronte a questa realtà che si traduce in 91.173 ettari devastati fino ad oggi e la seccità storica sperimentata nello Stato, il Governo regionale e Nazionale vengono avanzando azioni decisive per frenare le prestazioni ecocide nella Serrania Perijanera. 

La Cordigliera Serrania di Perijá chiede di essere dichiarata Territorio di Eccezione per raggiungere il controllo e il monitoraggio necessario per la custodia e fermare l’impunità ambientale imperante per decenni. 

Tra queste iniziative c’è la risoluzione emessa dal Ministro dell’Ambiente, Miguel Leonardo Rodríguez, nominando una commissione speciale per valutare e fare azioni necessarie per limitare e prevenire le cause di disboscamento, gli incendi e la deforestazione associati alla coltivazione di Malanga. 

All’interno della Commissione si è concordato il divieto della coltivazione di questo tubercolo nei bacini superiore e medio dello stato Zulia, misure che hanno risvegliato le reazioni avverse attese di chi vede i propri interessi perturbati. 

Ci sono stati diversi incontri con i produttori di Malanga con lo scopo di spiegare le ragioni e le implicazioni di questa decisione in difesa della Sierra di Perijá, dei bacini idrografici impattati dalla deforestazione e dei milioni di zuliani colpiti dalla rapida diminuzione nel volume dei serbatoi. In tali incontri è stato sottolineato che il divieto della coltivazione di Malanga è irreversibile e le guide di mobilitazione del prodotto sono stati sospesi in tutta la regione. 

La malanga di essere una coltura di sussistenza oggi troviamo nella Sierra di Perijá piantagioni di un solo produttore con più di 70 ettari in produzion.

Non è nemmeno di sostituire una coltura con un altra visto che i suoli montagnosi della Sierra sono inclinate e di poca terra vegetale, di conseguenza le piantagione estese provocano l’indebolimento della superficie, la erosione e col arrivo delle piogge, le frane. I sedimenti che sgorgano dalle montagne soggiornano in questi serbatoi e questi, di conseguenza, perdono la loro capacità di deposito. 

Dighe progettate per una durata di 150 anni, oggi si proiettano per soli 30 anni a causa dell’intasamento o accumulo di sedimenti. 

A coloro che cercano di violare le regole gli sarà applicata la legge rigorosamente: si procederà all’arresto dei vettori che si spostano con la malanga e gli sarà confiscato il prodotto. 

Nel frattempo, il Governo Regionale sta valutando la possibilità di acquistare la produzione di malanga che è già stata estratta, come un atto di solidarietà per chiudere il capitolo di quella coltura in Zulia, per i quali si svolgerà un censimento che consentirà di verificare la quantità, qualità e costi. 

Inoltre, e come ultima alternativa si esorta ai produttori che costituiscono vivai per la produzione in massa di vari specie di frutta e forestali che consentano l’avanzamento del Piano Verde per lo Stato di Zulia, che implica la piantagione di alberi nei diversi comuni, avendo come priorità l’aree strategiche quali le zone adiacenti ai bacini idrografici. 

Questa metodologia ha trovato ricettività tra i coltivatori, in modo che si svolgeranno riunioni nei comuni di Rosario Perijá, Jesús Enrique Lossada e Machiques di Perijá, dove sarà presentato per la sua valurazione e considerazione, in dettaglio, questa proposta di produzione agro-eco-forestale.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

martes, 19 de agosto de 2014

Abbiamo iniziato la piantagione di alberi sulle rive del Fiume Apón

Sotto l’ombra di imponenti Laras o Samanes si svolsero la prima giornata del rimboschimento del fiume Apón, con la piantagione di 1000 alberi di frutte e forestali come il Jabillo, Caro Caro, Algarrobo, Quercia, Apamate, Mogano Criolla, Moringa, Anona, Mango, Araguaney, Flamboyán e Camoruco.

Questa iniziativa nasce da una proposta seria del gruppo ambientalista I Guardiani del Fiume Apón, e che hanno potuto far partecipare attivamente ad altre persone, avendo oggi il supporto istituzionale del Ministero dell’Ambiente, Missione Albero, Governo Bolivariano di Zulia, e il sostegno della comunità perijanera impegnata nella difesa di questo importante fiume.

Il fiume Apón sorge nel Cerro Pintado, nella Sierra di Perijá, e scorre 150 km prima di sfociare nel Lago di Maracaibo. Raccontano che una volta era profondo e potente, e che ai suoi porti arrivavano “bongos ”, con merci. Gran parte della vita sociale e commerciale di Machiques era associata a Lui.

Questo bastione naturale della Sierra di Perijá, datore di acqua dolce nella regione, sin dalla fine degli anni ’50 comincia, oggi, a sperimentare le devastazioni dell’attività agricola e di allevamento; più recentemente, le sue acque sono state diminuite dagli effetti di disboscamento indiscriminato e di estrazione illegale di pietre e sabbia da imprenditori privati che hanno deviato il suo corso e causato danni lungo 4 km.

Le attività ecocida contro il Fiume Apón hanno risvegliato l’indignazione collettiva che si è trasformata in azione concrete e che ha permesso di cominciare il recupero e il rimboschimento della zona sotto lo slogan “Guardiani del Fiume Apón Siamo Tutti. Pianta 1.000 alberi per la vita”.

Román Carrillo, coordinatore del collettivo di guardiani, ha descritto l’occasione come “una grande festa per Machiques, perché stiamo appropriandoci del Quinto Obiettivo del Piano della Patria per la conservazione della vita. Questa lotta è iniziata con 9 persone contro un mostro capitalista che ha prodotto la loro ricchezza a spese del fiume; siamo ora 130.000 persone, perché tutti gli abitanti di Machiques di Perijá siamo impegnati a difendere il Fiume Apón”.

A nome del Governo Regionale e il Ministero dell’Ambiente, Lenín Cardozo ha espresso la miglior predisposizione perche queste iniziative siano permanenti nel tempo. Egli ha sottolineato la perseveranza dei Guardiani per farsi ascoltare. Egli ha detto che “un albero è una vita e un fiume è un grande ecosistema, ma per gli altri sono solo la possibilità per fare affari”.

L’Autorità Ambientale nella regione ha osservato che dalla denuncia ci si sta muovendo alla azione. “Andiamo, con tutte le forze, ad approfondire questo e chiederemo i conti a tutti gli ecocide, che protetti dai forti e potenti, hanno causato danni all’ambiente. Non daremo tregua, è un atto di sovranità quello che stiamo facendo oggi in Machiques di Perijá”. Cardozo ha detto che la deforestazione, rampante per decenni, ha causato che il Zulia stia vivendo una siccità storica e i serbatoi della regione siano esauriti, che affliggendo a milioni di Zuliani.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

viernes, 15 de agosto de 2014

Vertice con i coltivatori di Malanga nella Sierra di Perijá


Ci siamo alzati molto presto per salire sulla Sierra di Perijá, si è presunto che ci sarebbero problemi con i gruppi che cercavano di scoraggiare o intimidire la riunione prevista sulla coltivazione della Malanga. Comunque eravamo preparati per ogni evenienza.

Quando siamo arrivati ​​al luogo convenuto presso la comunità di Los Vivitos, comune Jesús Enrique Lossada, c'erano poche persone in attesa, anche se sapevamo che dalle montagne ci stavamo guardando e contando quanti eravamo nella carovana. Loro avevano camion pieni di persone in luoghi diversi per attaccare e prenderci di “sorpresa”. 

Per qualche motivo i camion dell'esercito, che ci hanno accompagnato, sono arrivati in ritardato alcuni minuti e siamo arrivati ​​al sito praticamente da soli. Hanno subito cominciato a scendere a cavalli, asini o camion fino a dove eravamo. Quando c'erano un centinaio di coltivatori di Malanga, sono arrivate una ad una le squadre dell'esercito. Da quel lato della Sierra ci sono circa tremila colombiani sfollati. 

Molti videro l'esercito e non ha voluto avvicinarsi e sono rimasti alcuni centinai di metri in attesa dell'esito della riunione. Abbiamo dato ad altri un’ora più in modo che coloro che venivano da lontano potessero partecipare a lla riunione. 

Con legge in mano abbiamo iniziato a spiegare le disposizioni degli articoli della Costituzione Nazionale. Legge Organica Ambientale, Legge di Acque e Legge Penale dell'Ambiente, sui diritti ambientali, il dovere di proteggere la biodiversità, la salvaguardia degli ecosistemi, la necessità di preservare i suoli e foreste per garantire la sostenibilità del ciclo idrologico, la protezione dei corpi idrici e sull'occupazione illegale di aree naturali protette. 

Inoltre, è stato spiegato come la deforestazione nella Sierra di Perijá ha contribuito alla grave siccità che sta affrontando lo stato di Zulia e poi li abbiamo notificato il divieto della coltivazione di Malanga. 

Li abbiamo fatto sapere loro la portata della Risoluzione emesso dal Ministero dell'Ambiente che vieta la semina della Malanga nel nostro unico grande polmone verde dello Stato e che fino ad oggi loro hanno causato la perdita di oltre 2.000 ettari nei pressi del serbatoio Tres Ríos, dove gli incendi si verificano ogni giorno in tutta la montagna, nel processo di liquidazione dei suoli per estendere la coltivazione. 

È stato ribadito che non abbiamo l'acqua in Zulia, questo è un risultato diretto della deforestazione, e perciò siamo impegnati a combattere i reati ambientali.

Inoltre è stato precisato che le azioni per affrontare gli oltraggi alla natura sarebbero permanenti e coinvolgeranno pattuglie aeree, terrestre, la confisca delle produzioni e gli arresti di chi commettono reati ambientali. È stato affermato durante l'incontro che i certificati di mobilitazione per il trasporto della produzione vengono sospesi, in modo che si fermarà a quelli che trasportino la Malanga nel territorio di Zulia.

Nella Sierra di Perijá, essendo un Parco Nazionale, non possono essere stimolate le colture su larga scala, come è accaduto con la Malanga la cui semina è aumentata negli ultimi anni, in risposta alle esigenze delle imprese transnazionali dedicati alla rubrica di fast food. La Sierra era quasi un terminale di autotrasporti pesante, dove quotidianamente file di camion partono dalla Sierra verso i centri di raccolta per poi essere trasferiti all'estero.

L'Agenda Verde, che viene condotta dal Governatore Francisco Arias Cárdenas, vieta la deforestazione, gli incendi, le potature severe e la caccia sportiva nello stato, accoppiato con un piano di piantagione di alberi che si porta a avanti nell'ambito della gestione ambientale condivisa con il Ministero dell'Ambiente. In questo contesto, è stato proposto agli attuali coltivatori della Malanga di organizzare la conformazione di vvivai per fornire di alberi necessari per riforestare le aree che sono state violate da queste azioni ecocide.

Questo incontro con i coltivatori della Malanga è sucesso dopo 5 marce effettuate in vari comuni vicini alla Sierra di Perijá per sensibilizzare l'opinione pubblica circa le gravi conseguenze della deforestazione e semina della Malanga.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

jueves, 14 de agosto de 2014

La preghiera ha portato la pioggia durante marcia ambientalista nella città di Concepción, Comune Jesús Enrique Lossada


 
Un corteo colorato ed entusiasta caratterizzato da espressioni sincere di fede ha stupito ai passanti della Concepción il giovedi pomeriggio. Parte della Avenida Bolívar fu percorsa da ambientalisti, studenti, insegnanti, organizzazioni comunali e membri di congregazioni cristiane, accompagnati dalla Banda Show Jesús Enrique Lossada.

Così è stata la quinta mobilitazione fatta in Zulia per esigere la cessazione della deforestazione nei bacini superiori e medio della regione e un avvertimento circa la necessità di difendere la Sierra di Perijá, violata dalla coltivazione diffusa del taro o Malanga, che ha distrutto più di 2000 ettari della nostra riserva forestale, contribuendo al panorama di siccità che attualmente soffriamo i Zuliani.

Una preghiera per il ritorno delle piogge perche i nostri serbatoi possano recuperaresi ha segnato l'inizio e la fine della camminata. Il grido dei pastori delle principali chiese cristiane della città, dei parrocchiani e di tutti coloro che desideravano partecipare, ha avuto pronta risposta: arrivando in piazza Jesús Enrique Lossada, dove la marcia culminerà, si sono sentite le prime gocce che presto si sono trasformate in una pioggia torrenziale che a bagnato a tutti i presenti, che si sono dichiarati in vigilia per intercedere davanti a Dio per la regione di Zulia, i loro bacini e i serbatoi.

Elogiamo l'atto di fede condotto dai lossadeños propizio per ricordare che i fiumi e le sorgenti della Sierra di Perijá sono asciutti a causa della perdita delle foreste, colpendo ai bacini che forniscono d’acqua alle persone di Jesús Enrique Lossada, Maracaibo, San Francisco, Almirante Padilla, Mara e Miranda.

Le transnazionali finirono con i nostri alberi e da alcuni anni hanno acceleratore la deforestazione, stimolando la piantumazione di un tubero conosciuto come Malanga, che richiede la deforestazione della zona in cui saranno coltivati e che fanno diventare i suoli inutilizzabile in modo permanente.

La Malanga, piantata dai colombiani sfollati e alcune comunità indigene che popolano la Sierra di Perijá, è commercializzata da queste società straniere che acquistano i prodotti a prezzi di gallina magra, per poi venderli come patatine fritte o "chips".

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

miércoles, 13 de agosto de 2014

Gli ambientalisti del Zulia scendono in piazza per attirare l’attenzione sulla deforestazione e la siccità

I gruppi ambientalisti dei comuni della Costa Orientale del Lago, Machiques di Perijá e Jesús Enrique Lossada, svilupperanno attività di strada in difesa dei bacini idrografici statali, colpiti dalla deforestazione, che ha portato come conseguenza il declino allarmante nei livelli dei bacini idrici, i cui effetti già cominciano a farsi sentire in tutta la regione di Zulia.

La siccità e le alte temperature che soffriamo sono una diretta conseguenza della progressiva distruzione delle foreste nello stato. "[...] nella regione le cifre del danno ambientale sono così alte che solo il 6% della massa forestale originale rimane ancora intatta. Dove erano boschi e foreste oggi ci sono enclavi di allevamento, coltivo di banane, le colture di Palme Africane e di Malanga; sono palpabile gli effetti del conuquismo dei colombiani sfollati nella Sierra di Perijá che impunemente bruciano e distruggono gli ecosistemi.oltre alla deforestazione per il uso illegale del legno" assicura Lenin Cardozo, Autorita Unica del Ministero del Potere Popolare dell’Ambiente del Zulia.

I serbatoi Tulé, Manuelote, Tres Ríos, Burro Negro e Machango hanno subito l'impatto da pratiche ecocida avvenute nelle sorgenti dei fiumi che li versano le loro acque. Caso emblematico della Malanga, la cultura predatrice che si è diffusa nella Sierra di Perijá e in alcune zone della Costa Orientale del Lago, con lo scopo di produrre materie prime a buon prezzo per le imprese transnazionali operanti nel settore delle patatine fritte e altri voci del "fast food", violando flagrantemente la nostra sovranità e lasciando sfortunate ripercussioni ambientali.

Il Ministero del Potere Popolare per l'Ambiente ha recentemente emesso una risoluzione che vieta la coltivazione della Malanga nei bacini alti e medi della Sierra di Perijá; altrettanto ha avanzato il Governo Regionale nel richiedere, davanti al Consiglio Legislativo, che il divieto si applichi all'intero territorio di Zulia e che sia incorporato nella Legge per la Conservazione e l'Uso Razionale delle Risorse Idriche dello Stato Zulia.

Nel frattempo le organizzazioni e le associazioni ambientaliste ed ecologisti sviluppano azioni di sensibilizzazione contro la deforestazione e coloro che incorrono in tali azioni ecocide, che purtroppo incidono nella vita di tutte le specie, compreso l'uomo. L'invito è a tutte le istituzioni, l’associazioni ambientaliste e comunitarie ad unirsi a queste azioni, convocando e partecipando nella difesa dei bacini idrografici e la conservazione dell'acqua come risorsa vitale, ed inoltre chiedendo la cessazione definitiva della deforestazione e coltivazione di Malanga in tutto lo stato di Zulia.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

martes, 12 de agosto de 2014

Ogni goccia conta

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Nell’inteso che la gestione ambientale è condivisa, gli ambientalisti sono andati a diverse comunità nella città di Maracaibo in compagnia dei rappresentanti entusiasti del Governo Regionale, Ministero dell’Ambiente e l’idrologica del Zulia “Hidrolago”, Sono andati casa per casa per effettuare la campagna “Ogni goccia conta” con la finalità di fornire ai cittadini una spiegazione sulla siccità che soffre la regione, la situazione dei serbatoi e le misure da adottare per gestire in modo efficiente l’acqua .
 
La campagna “Ogni goccia conta” prevede anche l’approccio dei comuni di San Francisco, Mara, Almirante Padilla, Miranda e Jesú E. Lossada, che sono i più colpiti da questi disturbi del cambiamento climatico che sono presenti nella regione, una conseguenza immediata della deforestazione che per decenni è stata sviluppata in aree adiacenti bacini idrografici.

Lo Zulia è la regione del Venezuela che accusa la maggior siccità prolungata negli ultimi 60 anni, riducendo notevolmente il volume dei suoi serbatoi e costringendo a prendere misure di razionamento dell’acqua nei comuni che ricevono l’acqua da grande dighe come Tulé, Manuelote e Tres Ríos.
 
La campagna “Ogni goccia conta” mira a sviluppare una cultura di risparmio, visto che gran parte dell’acqua proveniente dai serbatoi rimane sulla strada dovuto alle connessioni illegali, ma anche ad una grossa quantità di acqua che viene sprecata nei bagni, docce, lavastoviglie, lavaggio di veicoli o marciapiedi. Non c’è una giusta valutazione dell’acqua ed il suo uso razionale. Con ogni goccia che risparmiamo, noi staremo permettendo che altre famiglie possano ricevere il liquido vitale.
 
La campagna “Ogni goccia conta” con i loro Guardiani di acqua apre la strada ad una nuova cultura di risparmio della nostra risorsa vitale e ci fa entrare nella modernizzazione del pensiero e l’azione dello Stato.
Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Fanny Reyes – giornalista ambientalista venezuelana | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

domingo, 10 de agosto de 2014

L’uso della energia nucleare e il terremoto in Giappone



 

Questo articolo non cerca di offendere a nessuno e ne meno approfittarsi  dell'attuale sofferenze del popolo giapponese per avere rating. La solidarietà con il dolore del popolo giapponese è attiva e assoluta.

La catastrofe causata dalla natura, di cui il Giappone è oggi vittima, ha evidenziato il problema immenso delle centrali nucleari, al di là del vantaggio di produrre energia elettrica, sono state segretamente seminate bombe a orologeria, che prima o poi la natura si prenderà cura di esplodere. È sparita cosí, il mito che l’energia nucleare è una energia alternativa, affidabile e sicura

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, in tutto il mondo ci sono 442 reattori nucleari e 65 in costruzione. Concentrati la maggior parte tra i paesi degli Stati Uniti, Francia, Giappone, Russia e altri 25 paesi. Inventario ridotto al minimo, perché non includono quelli che sono stati costruiti in segreto (come le bombe cosiddette nucleare, stimate oltre 23 mila, sparsi in tutto il mondo). La verità è che una reazione a catena di alcuni di questi reattori o armi sono sufficienti per porre fine alla vita del pianeta.

Per alcuni scienziati, un dibattito sul futuro dell’energia nucleare nel mondo non deve svilupparsi sul calore dell'incidente di Fukushima, detta  discussione sarebbe condizionata sulla base della emotività davanti ai fatti del Giappone. Dove presumibilmente, l’attuale progettazione dei moderni impianti nucleari, anche in situazioni critiche, se dovesse succedere un incidente, sarebbe solttanto un problema locale, senza raggiungere dimensioni globali. Gli scienziati argomentano che questi reattori sono sempre più giustificati, data la mancanza di altre fonti energetiche come il petrolio, carbone o gas.

Tuttavia, il dibattito deve andare oltre alla domanda se utilizzare o meno l’energia nucleare per scopi pacifici. Per molti scienziati e ambientalisti, la contingenza nucleare in Giappone conferma l’opinione che l’intervento umano, la sua visione irrazionale di dominare l’altro, sta accelerando la distruzione della vita sul pianeta. A questo punto, siamo stati in grado di contribuire sulle condizioni climatiche, creare squilibri, e generare disastri in maggiore o minore percentauli, che si nascondo, e anche si travestono da fenomeni “naturali”.

Naturalmente, gli scienziati anti-planeta, che sono sul libro paga del club dei paesi inquinatori difendono questo approccio. Per loro, ciò che accade è perché deve accadere. Si sta sperimentando il sesto ciclo e il cambiamento climatico è parte di un processo naturale prima del raffreddamento globale della Terra. L’azione umana è esente da questi cambiamenti. E ‘ora che tutti prendano la loro bandiera di battaglia. Da parte nostra, fino all’ultimo giorno della nostra vita, saremmo altri in più della causa ambientale.
 
Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

America Latina: Energia della vita contro la energia della morte


 

La grave contingenza subita dal Giappone a causa del terremoto e dello tsunami, dopo che è sfuggito di mano alla centrale nucleare di Fukushima, che si trova a 373 chilometri a nordest di Tokyo, rivivere la riflessione mondiale sulla sicurezza d’uso di tale energia. Potenze come gli Stati Uniti e la Francia sono venuti a sua difesa, soprattutto perché questi due paesi, i venditori quasi esclusivo di queste tecnologie nucleari. Il suo portavoce principale han minimizzato l’incidente in Giappone e valutato come un evento isolato, senza grandi contrattempi.

In America Latina, è relativamente recente l’uso di questa tecnologia. Attualmente ci sono 6 reattori nucleari che operano per questo scopo: due in Argentina (Buenos Aires Atucha I e Embalse a Córdoba), due in Brasile (Angra dos Reis) e due in Messico (Laguna Verde I e II a Veracruz). Come l’Argentina, il paese latinoamericano ha il più antico reattori della regione. Atucha ha iniziato la produzione di elettricità nel 1974 e nel 1983 Reservoir, che contribuiscono alla produzione di energia elettrica del paese, del 6%. Eppure, dal 2006, l’Argentina è in esecuzione una espansione nucleare con un budget di 3,5 miliardi di dollari, che include la costruzione di un secondo reattore in Atucha chiamato Atucha II.

La loro aspettativa è di raggiungere la sua capacità del 150%. Anche il Brasile è stato sollevato una espansione simile, e ha in programma l’apertura di cinque nuovi reattori nei prossimi 15 anni, con capacità di aumento stimato di oltre il 400%, aumentando il contributo nucleare alla matrice energetica di un 3% 10% nel 2025. In Messico, il 5% di elettricità generata da energia nucleare. Dal 2007, ha sviluppato un piano per aumentare la capacità di Laguna Verde del 20%. Si consideri l’acquisizione di otto nuovi reattori entro il 2025.

Eppure, lo sapevamo già gli annunci da parte dei governi della Colombia, Cuba, Cile, Ecuador, Perù, Uruguay e Venezuela, ai fini della creazione di programmi di energia nucleare. Per questi paesi, le energie alternative sono ancora in background. La crisi nucleare del Giappone, sicuramente, scossó l’opinione pubblica nella subregione. L’installazione di centrali nucleari per la produzione di energia elettrica in America Latina non appare più come un ‘idea di avanguardia, di sviluppi strategici, ha perso il suo “angelo”. Le accuse degli ambientalisti non si è fatta aspettare.

Molti vvisi sono stati massimizzati davanti ai reclami iniziali per sviluppare questo tipo di energia. Chiediamo  ai governi pro-nucleare la trasparenza, la discussione su questo tema e che dicano la verità, sulla energia alternativa contro l’energia nucleare. Da parte nostra (gli ambientalisti), la volontà è unanime: difendere energie vitali contro l’energia della morte.
  
Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 | Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia

jueves, 7 de agosto de 2014

Tempesta di R. A. Fonseca


  Nueva imagen

ANCA24 Italia inizia oggi un nuovo capitolo della sua storia. Abbiamo deciso di aprire un nuovo spazio per pubblicare con maggiore frequenza la cosí chiamata eco-poesia-prosa. 

ANCA24 Italia ha pubblicato da questa prospettiva, la eco-poetica-prosa, articoli come: Nuvole d’acqua e gli alberi nella ecopoesia di Carlos Agusto León, I fiori e gli uccelli di Juan Beroes, ecopoeta venezuelano, L’orifico e lo chiaro in due poesie ad un medesimo fiore, scritti da un straordinario e sensibile essere umano come è Lubio Cardozo, venezuelano ed ecopoeta, purtroppo non lo conosco personalmente.

Questo sito ha lo scopo di aprire nuovi spazi di riflessione per tutti coloro che, come Carlos Augusto León, Juan Beroes, Lubio Cardozo e ora Raul Alberto Fonseca Pirela, vogliono scrivere sui i quattro elementi del pianeta, acqua, fuoco, aria e terra; sulla fauna e la flora e su tutti i fenomeni naturali, dal punto di vista eco-poetico-prosa. Da qualche parte nel mondo ho letto che  la poesia è tutto ciò che ti fa vedere le cose con nuovi occhi, da un nuovo paradigma, ti fa vedere le cose ancora una volta, ma dal punto di vista della verità, dell’amore, della vita e della morte. Perché in fondo questa è la poesia: la vita, l’amore e la morte.

Oggi è la volta di un dottore, scrittore e musicista, un libero pensatore “caraqueño-marabino” di pensiero universale, sensibile e profondo: Raúl Alberto Fonseca Pirela e il suo scritto: TEMPESTA.

TEMPESTA
È mattina, verso le 8. Seduto di fronte alla finestra, a circa 40 metri da terra [suolo], vedo la tempesta in arrivo[1]. L’lluminazione diffusa, mediata dalla grande nuvola che copre il lago, [agisce come sfondo] per gli abbagliante fulmini che, con cadenza casuale, mostrano il loro dinamismo nel ora fantastico palcoscenico. Il suono, una pioggia sottile, passiva, preludia ad un altra in arrivo e che ancora non arriva su questa riva, il cambiamento continuo della tessitura della superficie dell’acqua, sempre più vicino, fanno vedere i suoi progressi. Le gocce, che vengono in orde, aggiungono una riga sonora in crescendo alla scena e con il fragore dei tuoni, più o meno lontani, si completa l’illusione di movimento.

Ho visto tre fregate[2], forbicine li chiamano qui, manovrando a piacere, nella parte più oscura della base della nube, dove le correnti d’aria sono più forti e imprevedibili. Ho visto nel loro volo, nel loro atteggiamento, il piacere puro, il gusto di volare per volare e ho sentito invidia. Ho imparato a volare a 18 anni ed ho almeno 10 senza avere un comando fra le mie mani. Mi si può incolpare di incorrere in in tale [questo] peccato mortale?

Sempre di più i fulmine accendedono la nebbia che la pioggia grande porta con sé a modo di manto, [spogliando] la superficie del lago nei punti di contatto. I raggi penetrano l’acqua, creando onde che si allontano in fretta dal impatto e subito il  manto ritorna coprendo pelle, aggiungendo ancora di più irrealtà al dipinto.

Le fregate, -ora conto  16- evoluzionano più in basso proprio davanti e sopra la finestra. Spettatori del loro proprio parco per istanti, salgono senza fretta a spirale e se indirizzano di nuovo alla parte più oscura della nuvola, che si è spostata a destra. Cercano la sensazione estrema per il semplice piacere di sperimentarla, sentirla, viverla. Tanto  godono di volare questi magnifici esseri  che passano fino a sei mesi senza toccare [terra] il suolo. Più volanti che tutti gli altri, sono caratterizzati per avere maggiore [envergadura] dimensioni, vale a dire, lunghezza del ala, rispetto al suo peso, che nessun altro uccello. Così come si alimentano, pescando al volo, si accoppiano amando al volo. Amando l’amore nell’amore. Niente si vede, almeno alla distanza, di improvviso o artificiale nell’esecuzione della sua arte. Volano ad alta velocità e sfruttando le intense  e fredde correnti come se fossi un gran balleto aereo. Volano come se fossero figure umane, facendo figure  e manovre che a me stesso mi hanno dato un grande piacere.

La tempesta, avendo raggiunto il climax con un fortissimo, inizia un decrescendo nella sua lenta evoluzione verso il tramonto.

Il lago fu il teatro, la scena.

La tempesta, -milione di volts  e di tonnellate di acqua-,  gli spettacolari effetti speciali.

Le stelle furono le fragate.

Io sono stato spettatore e iniziato allo stesso tempo. Iniziato nell’arte del volo come una fregata.

Per scrive all’autore: phonck7@gmail.com, phonck7@hotmail.com

Raúl A. Fonseca P., dottore, scrittore,  musicista e pilota-aviatore  – Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia 

[1] Scrivo con la matita su un foglio, il flusso di energia  locale si comporta in modo instabile a causa della tempesta, ciò implica il rischio di infortuni al PC.
[2] Fregata magnificens. Ucello oceanico.

lunes, 4 de agosto de 2014

I fiori e gli uccelli di Juan Beroes, ecopoeta venezuelano


 

Juan Beroes non solo per la sua acuta sensibilità di un poeta, ma anche per la sua densa cultura umanistica ha sempre considerato ai fiori, nella scenografia mirabile del mondo di campagna –campestre-, quali più sublimi espressioni formali del mondo vegetale, allo stesso modo, equivalenti a loro, agli ucelli  sosprendenti forme di vita sul capitolo degli animali vertebrati. Entrambi, oltre gradevoli, testimoni affidabili della purezza dell’ambiente.

Piccoli ma rapidi gli uccelli, proprietari di tutti i colori, delicati, con i loro canti, i loro trilli, di allegri «celajes»[1] con il cui borbottio celebrano lo vivente negli spazi dell’aria, sono insieme ai fiori  la prova inconfutabile della bellezza dell’esistenza. Ma gli uccelli, così come i fiori, possono solo  vivere negli spazi puri, senza inquinamento, lontano dalle ciminiere delle fabbriche, in fuga dal fumo tossico prodotto  dall’industrializzazione irresponsabile.

Giocano gli uccelli con la brezza,  incrociano quali veloci frecce attraverso il vento, innamorano ai fiori con i loro trilli, ma fuggono pieni di terrore, scompaiono nelle rientranze della lontananza quando arrivano gli nemici della foresta, gli irrazionali “arboricidas” assesini degli alberi, odiosi negatori  di quello più bello del Pianate Azzuro.

Un eccezionale esempio di amore del poeta Juan Beroes (San Cristobal, 1914-Caracas, 1975) per la vita selvatica e per i  suoi insigni rappresentanti, gli uccelli, è la seguente poesia.

ALATA STAGIONE
Una canto per voi,  alati scopritori del cielo, poichè  con le vostre «armonizzate»  gole fate  zittare il rumore  dei vibranti tropici, e poi andate sui piumati canti a fermarvi lieti nei gentili angoli del vento.

Chiamo, quindi, al “canario” delle vene d’oro, perché nella finestra della mia aperta infanzia appendeva  le sue corde -cordajes-  di  sole, la sua luccicante moneta, e all’allegro “cucarachero” che dai portici d’estate me diceva: buon pomeriggio, e rubava paglierini al dorato crepuscolo per imbastire il nido, come caldi  respiri di cinguettii.

Faccio menzione del bizzarro “carpintero”, decoratore del suo rotondo nome nella parete delle corteccie vegetali; e anche del  angelico “azulejo” -colore di occhi di bambina- E  del  “turpial” alzato che con rametti della sua voce fischiante disperse le onde del calore invisibili.

Qui io  fermo al “colibrí” ondulante nel suo rumore di pazzo velluto; e al “pielerito” arcigno, bevitore di sole  in “cuencos” dell’alba; ed al furioso “arrendajo”   che nel   loro nido si espande, inchiodato al picco l’iniziale del grano.

Negli alti legnami, alla riva del venerdì, è  corona di una sola spina il “cristofué” credente;  e nella sua camera dei giovani spruzzi già è signora solitaria la “soisola”.

Il eretto “cardinal” apre nelle foglie concistori di porpora leggera, e il “tordito” visitatore persegue le donzelle per baciarle le mani di illuminato becchime.

La “tórtola” lontana vive nei frumenti, e il “chirulí” provinciale va  invadendo le grondaie con sole di questo poema.

Io corono il mio canto con voi, salutatrice  “golondrinas”,  che ritornate della mia Patria nella vostra bruna “saeta”. Quale dolce memoria strappate alla vostra testa? Che gioia giovane, che capo triste mi portate di lei? Ma torno al boschetto di orchestrali suoni  e sottoscrivo con la voce del  “gonzalito”, goccia di canto, minuscola corda, punto finale  della famiglia.
¡Vi consegno quindi all’aria, predicatrice dell’alba, e con la mia mano peccatrice che ieri accarezzo  i  frutti camminanti,  riesamino i vostri ardenti piumaggi  e polso  quelle corde che vi fraternalizzano con i cieli cantanti! (Dal poemario Materia de eternidad. Roma, 1956. p.p. 41-43).

Sorprenderà sempre la poesia di Juan Beroes, per la loro densità spirituale e la bellezza come  nord  sicuro del testo;  per la sua ricchezza esperienziale fluida attraverso il tessuto delle parole esaltate nella proprietà di una elocuzione robustamente bella, per la sua lirica costruita nel religioso silenzio del suo  giardino interno al riparo da qualsiasi concessione  avara con danni per l’arte e anche per l’anima.

Esigente nella scrittura, nell’amicizia, nel silenzio e genuino amore per la  sua patria ei suoi uomini, nella qualità e nel rigore creativo. Perciò lascio per il divertimento dei buoni lettori più di una dozzina di poesie immortali, con le quali la sua ombra e il suo  mito varcheranno con impeccabile dignità e solitudine di sempre, dalla mano della bellezza e del sentimento, per  i sentieri dell’eternità. (Dal libro Paseo por el bosque de la palabra encantada. Mérida, ULA, 1977. p. 35).


Tradotto da: http://lenincardozo.blogspot.com/2012/05/las-flores-juan-beroes-ecopoeta.html  Lubio Cardozo[2], Las flores y aves de Juan Beroes, ecopoeta venezolano. Miércoles 2 de mayo de 2012.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia


Sociologia dell’Ambiente, lo spazio della conoscenza per salvare il pianeta

 

Se una qualsiasi disciplina della conoscenza nel XXI secolo, ha un ruolo da protagonista, è la sociologia, in particolare la Sociologia dell’Ambiente. Questo approccio, ha il potenziale e la la capacità di sistematizzare le conoscenze varie che attualmente partecipano al dibattito sulle questioni ambientali. Questo apre un modo importante per gli uomini e le donne che abbracciano la professione dello studio della società e la l’ interazione con i loro ecosistemi naturali.

Risulta non più possibile concepire il ruolo di una società, infatti, si comincia a sviluppare una prospettiva di integrazione con la realtà ambientale. È molto importante comprendere la costruzione sociale basata sull’ adattamento di ogni società, con il suo ambiente naturale. Questo nuovo approccio collega lo studio degli atteggiamenti, competenze, strategie e comportamenti delle società alle questioni ambientali. Le sue relazioni con i territori, spazi e luoghi stanno permettendo una revisione delle politiche di sviluppo.

La Sociologia dell’Ambiente, è il luogo comune, per affrontare il discorso transdisciplinare e dare organicità alle categorie emergenti. Ci sono quindi concetti del sapere diversi per costruire uno studio teorico e metodologico, infatti può essere d’aiuto le diagnosi e gli approcci alla realtà sociale e ambientale.

Da dove cominciare? Temi: la cultura dei rifiuti, l’uso corretto dell’acqua e le sue implicazioni sociali, la pianificazione e la gestione delle aree naturali, i cambiamenti climatici o gli atteggiamenti sociali e i comportamenti per quanto riguarda le abitudini sostenibili, comunicazione ambientale, l’educazione ambientale, tra i molti altri argomenti sono parte del programma più ampio della nuova sociologia.

Il ruolo della Sociologia dell’Ambiente, si rifà alla sociología tradizionale e oggi rappresenta uno strumento strategico delle nuove conoscenze nella ricerca cooperativa per le azioni necessarie da intraprendere, per salvare il pianeta.

Lenin Cardozo, ambientalista venezuelano | ANCA24 – Hugo E. Méndez U., giornalista ambientalista venezuelano | ANCA24 Italia